Pensioni 2026: Aumenti in Arrivo, ma con Moderazione. Ecco le Cifre e le Novità
Dal 1° gennaio 2026, gli assegni pensionistici torneranno a salire, anche se l’incremento sarà più un “ritocco” che una svolta. La rivalutazione, legata al tasso di inflazione certificato dall’Istat, scatterà come di consueto per adeguare le pensioni al costo della vita. Dopo l’approvazione del Documento di Finanza Pubblica (Dfp) lo scorso 9 aprile, le prime stime delineano un quadro chiaro: gli aumenti si attesteranno tra l’1,6% e l’1,8%, con un’ipotesi più cauta allo 0,8%. Ma non tutti i pensionati vedranno lo stesso beneficio: la perequazione, come previsto dalla legge 448/1998, sarà applicata su tre livelli, con percentuali che variano in base all’importo dell’assegno. A questo si aggiungono novità sui coefficienti di trasformazione, che incideranno su chi andrà in pensione nei prossimi mesi. Vediamo nel dettaglio cosa aspettarci.
Rivalutazione: Tre Fasce, Impatti Diversi
Il meccanismo di perequazione non tratta tutte le pensioni allo stesso modo. Per il 2026, gli aumenti si articoleranno così:
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100% della rivalutazione per gli assegni fino a 4 volte il trattamento minimo Inps, pari a circa 2.413,60 euro lordi mensili (considerando il minimo 2025 di 603,40 euro).
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90% della rivalutazione per la fascia tra 2.413,61 e 3.017 euro, con un incremento effettivo tra l’1,44% e l’1,62% in base all’inflazione.
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75% della rivalutazione per gli importi oltre i 3.017 euro, traducendosi in un aumento tra l’1,2% e l’1,35%.
Le proiezioni sull’inflazione, che a marzo 2025 ha toccato il 2% trainata dal comparto energetico (+3,2% annuo), suggeriscono un indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) al 2,1% entro fine anno. Tuttavia, la prudenza del Dfp porta a stimare un range più contenuto, tra l’1,6% e l’1,8%, con uno scenario minimo allo 0,8% in caso di rallentamento dei prezzi.
Simulazioni: Quanto Crescono gli Assegni?
Per capire l’impatto concreto, ecco alcune simulazioni:
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Pensione di 800 euro lordi: con rivalutazione piena, l’aumento sarà tra 12,80 e 14,40 euro al mese.
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Pensione di 1.000 euro: incremento tra 16 e 18 euro mensili.
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Pensione di 1.200 euro: si guadagnano tra 19,20 e 21,60 euro al mese.
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Pensione di 3.000 euro: con il 90% della rivalutazione, l’assegno cresce di circa 24,63 euro.
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Pensione di 5.000 euro: al 75%, l’aumento si attesta a 37,50 euro mensili.
Se l’inflazione si fermasse allo 0,8%, gli incrementi si dimezzerebbero: una pensione da 1.000 euro vedrebbe solo 8 euro in più, mentre una da 2.000 euro guadagnerebbe 16 euro al mese. Numeri che, pur utili per fronteggiare il carovita, non cambiano la vita dei pensionati.
Non Solo Rivalutazioni: Assegni Sociali e Invalidità
Anche le prestazioni assistenziali beneficeranno di piccoli aggiustamenti. L’assegno sociale passerà da 534,41 a 539,75 euro, mentre la pensione di invalidità civile salirà da 333,33 a 336,66 euro. Incrementi modesti, ma fondamentali per le fasce più fragili, che spesso dipendono da queste somme per la sussistenza.
Coefficienti di Trasformazione: Una Stangata per i Futuri Pensionati
Un capitolo a parte merita l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione, i parametri che convertono i contributi accumulati in pensione. Dal 2025, i nuovi coefficienti penalizzeranno leggermente chi andrà in pensione. Un esempio? Un lavoratore di 67 anni con un montante contributivo di 400.000 euro riceverà nel 2026 un assegno annuo di 22.432 euro, circa 460 euro in meno rispetto a un’uscita nel 2024. Un effetto dell’adeguamento all’aspettativa di vita, che si traduce in assegni più leggeri per i neo-pensionati.
Un Ritocco, Non una Rivoluzione
Gli aumenti del 2026, pur necessari, non saranno una manna dal cielo. La rivalutazione risponde a un’esigenza reale – preservare il potere d’acquisto delle pensioni – ma i numeri restano contenuti, soprattutto per le fasce medio-alte, penalizzate dalle percentuali ridotte. Sullo sfondo, i nuovi coefficienti di trasformazione ricordano che il sistema previdenziale continua a navigare tra sostenibilità e sacrifici per i lavoratori.
Per i pensionati, la speranza è che l’inflazione non riservi sorprese, mantenendo gli aumenti in linea con le attese.
Nel frattempo, il “ritocchino” è confermato: piccolo, ma meglio di nulla.
fonte: today.it