PFAS nella frutta e verdura: l’allarme della ricerca tedesca scuote il mondo dell’alimentazione

Analysing food, pesticides free vegetables
“Copriranno di fango persino i pianeti, vorranno inquinare le stelle”. Così cantava Pierangelo Bertoli nel 1975, profetizzando con amara lucidità i danni delle sostanze tossiche rilasciate nell’ambiente dalle attività umane, mosse spesso da un cieco desiderio di profitto. Quasi mezzo secolo dopo, le sue parole risuonano con inquietante attualità: un recente studio tedesco ha confermato la presenza di acido trifluoroacetico (TFA), una sostanza appartenente alla famiglia dei PFAS, in frutta e verdura che finiscono ogni giorno sulle nostre tavole.
La scoperta del CVUA di Stoccarda
Nel 2024, il Centro per il Monitoraggio degli Alimenti e della Salute Animale (CVUA) di Stoccarda ha analizzato 2.075 campioni alimentari provenienti da diversi paesi, mettendo sotto la lente prodotti sia di agricoltura convenzionale che biologica. I risultati, pubblicati di recente, sono tanto chiari quanto preoccupanti: il TFA è presente in modo trasversale, senza distinzioni significative tra metodi di coltivazione o paesi di origine. Frutta esotica e verdure a foglia, come kiwi, spinaci e lattuga, si sono rivelate particolarmente contaminate, con un campione di kiwi che ha registrato il valore più alto di TFA.
PFAS: gli “inquinanti eterni”
I PFAS, o sostanze per- e polifluoroalchiliche, sono noti come “inquinanti eterni” per la loro straordinaria resistenza alla degradazione naturale. Il TFA, in particolare, si trova nelle acque superficiali, sotterranee e persino potabili, e ora anche nei cibi che consumiamo quotidianamente. La sua capacità di accumularsi nell’ambiente e nell’organismo umano solleva interrogativi urgenti sulla sicurezza alimentare a lungo termine. Sebbene l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) abbia stabilito una dose giornaliera accettabile provvisoria di 0,05 mg/kg di peso corporeo, la scienza non ha ancora risposte definitive sugli effetti di un’esposizione prolungata a queste sostanze.
Biologico o convenzionale: nessuna differenza
Uno degli aspetti più inquietanti dello studio è che la contaminazione da TFA non risparmia i prodotti biologici, spesso scelti dai consumatori proprio per la loro promessa di purezza e sostenibilità. “I risultati positivi sono indipendenti dal tipo di coltivazione”, sottolineano i ricercatori. Questo dato suggerisce che il problema non risieda solo nelle pratiche agricole, ma in una diffusione capillare dei PFAS nell’ambiente, frutto di decenni di utilizzo sconsiderato in settori come l’industria chimica, tessile e alimentare.
Un richiamo all’azione
La scoperta del CVUA di Stoccarda non è solo un campanello d’allarme, ma un invito a riconsiderare il nostro rapporto con l’ambiente e con ciò che mangiamo. Se persino i kiwi e le insalate che portiamo in tavola possono nascondere tracce di “inquinanti eterni”, è evidente che servono misure più stringenti per limitare l’uso dei PFAS e bonificare gli ecosistemi contaminati. Nel frattempo, i consumatori si trovano a navigare in un mare di incertezze: possiamo davvero fidarci di ciò che mettiamo nel piatto?
Come cantava Bertoli, i “crimini contro la vita” vengono spesso liquidati come semplici “errori”.
Ma di fronte a una minaccia così insidiosa e persistente, continuare a chiudere gli occhi non è più un’opzione.
La salute del pianeta, e la nostra, dipendono dalle scelte che faremo oggi.
fonte: ByoBlu
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