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L’escalation dei dazi tra Stati Uniti e Cina sta mandando in tilt il commercio globale via container, con porti e spedizioni cinesi sull’orlo di una paralisi che, secondo gli esperti, potrebbe superare per gravità quella registrata durante la seconda ondata di Covid nel 2022. Da Shanghai a Los Angeles, le merci viaggiano nell’incertezza, inseguite da tariffe che cambiano di ora in ora, lasciando armatori, importatori e operatori logistici a navigare a vista in un caos operativo senza precedenti.
Shanghai, primo porto al mondo con oltre 50 milioni di Teu movimentati annually, è solo l’epicentro di una crisi che coinvolge anche Ningbo, Guangzhou, Dalian, Qingdao, Qinhuangdao, Shenzhen e Tianjin. I container, pronti a partire o già in transito, sono ostaggio di una guerra commerciale che sta riscrivendo le regole del trasporto marittimo. “Per le merci già approdate nei porti americani, il problema è capire se e come potranno essere sdoganate, chi sosterrà i costi di stoccaggio e quali dazi verranno applicati,” spiega Marco Leporati, esperto di logistica basato a Shanghai. “Il 30% delle esportazioni cinesi è diretto agli Stati Uniti: semilavorati, componenti meccaniche per l’industria e beni di consumo come abbigliamento destinato a colossi come Walmart. Senza questi prodotti, le catene di approvvigionamento Usa rischiano di bloccarsi.”
Impatti a cascata
L’intensificarsi dei dazi americani, con tariffe che colpiscono in particolare la Cina, sta già mostrando i suoi effetti. “L’impatto sul Far East sarà devastante,” osserva Riccardo Fuochi, presidente del Propeller Club e dell’Associazione Italia-Hong Kong. “Gli importatori che hanno già ordinato o spedito merci verso gli Usa si trovano a sostenere costi imprevisti, che inevitabilmente ricadranno sui consumatori. Con i prezzi in aumento, i prodotti cinesi perderanno competitività, spingendo gli acquirenti verso fornitori alternativi. Questo potrebbe avvantaggiare i produttori europei, ma nell’immediato il danno è tangibile.”
La situazione è un rompicapo anche dal punto di vista legale e operativo. Giorgio Poggio, direttore di BRITcustoms e della Camera di Commercio Italiana a Londra, non usa mezzi termini: “È una follia. Ci sarà una cancellazione di ordini a catena. Per i venditori cinesi che hanno incassato in anticipo, il problema ricade sugli importatori americani. Altrimenti, le merci potrebbero vagare nell’Atlantico in cerca di mercati alternativi come Australia o Canada. Pensiamo ai beni di consumo: se caricati con i nuovi dazi, resteranno invenduti; se la situazione si stabilizza, avranno perso comunque appeal.” Poggio aggiunge un’osservazione storica: “Le guerre commerciali hanno spesso preceduto conflitti più ampi. È un dato da non sottovalutare.”
Numeri in rosso
I segnali di sofferenza sono già visibili nei costi di trasporto. A marzo, i noli medi per i container tra Asia e Stati Uniti sono scesi del 21% rispetto all’anno precedente. La rotta Shanghai-Los Angeles, in particolare, ha registrato un calo dell’8% a 2.906 dollari, con una flessione annua del 29%. Un dato che riflette non solo l’incertezza, ma anche il rallentamento degli scambi sotto la pressione delle tariffe.
Prospettive incerte
Per gli addetti ai lavori, il rischio è che il sistema logistico globale si inceppi irrimediabilmente. Le merci ferme nei depositi, i ritardi nelle consegne e l’impossibilità di pianificare stanno mettendo a dura prova un settore già provato da anni di instabilità. Se da un lato i dazi potrebbero ridisegnare le rotte commerciali a favore di altri player, dall’altro il costo immediato è un blocco operativo che minaccia di propagarsi ben oltre i confini di Cina e Stati Uniti.
Gli analisti concordano: senza una rapida stabilizzazione, il commercio marittimo potrebbe affrontare una crisi strutturale dalle conseguenze imprevedibili.
fonte: ilsole24ore